di Adriano Izzo, Avvocato civilista e Presidente della Fondazione Gennaro Santilli,
Durante la cerimonia di ammissione nella Basketball Hall of Fame, Michael Jordan concluse il suo discorso con queste parole:
"Un giorno potresti alzare lo sguardo e vedermi giocare a 50 anni."
Risate dal pubblico.
MJ, che aveva previsto questa reazione (perché l’aveva prevista, non c’è dubbio, non si diventa MJ per caso), si congedò con questa frase finale, che è l’essenza del suo pensiero e del suo essere:
"Non dire mai mai, perché i limiti, come le paure, sono spesso solo un'illusione."
Nel caso di MJ, queste parole dal forte potere ispirazionale non sono un mero slogan.
Rappresentano la sintesi di una carriera straordinaria, iconica, frutto di dedizione, coraggio e sacrificio. Di una mentalità competitiva fino all’ossessione, che ha saputo lavorare sui propri limiti, si è evoluta grazie alla meditazione fino a diventare pensiero e azione vincenti. Planetariamente vincenti. Su tutti, e nonostante tutti.
La frase di MJ è l’occasione per aprire una riflessione sugli sforzi delle organizzazioni non profit per il raggiungimento dei propri obiettivi. Il parallelismo può sembrare azzardato e improprio ma, senza ombra di dubbio, non c’è mondo più complicato del non profit.
I limiti normativi, burocratici, economici e culturali diventano spesso muri invalicabili, che rendono ogni progetto un’impresa titanica non sempre alla portata di tutti. Limiti reali, purtroppo, non illusori, che favoriscono la diffusione di una cultura poco intraprendente, miope e votata all’assistenzialismo. Tra tutti, la carenza sistemica di fondi e di figure professionali. Per non parlare delle trappole dei bandi e dei finanziamenti pubblici.
Eppure, c’è un “però” che assume dimensioni importanti e può cambiare un finale che può sembrare scontato. Può invertire la narrativa.
Il mondo del non profit ha un’anima potente, ribelle, coraggiosa, rivoluzionaria e anticonvenzionale. È l’anima di coloro che operano in questo straordinario settore, spesso coinvolti personalmente nel bisogno che si vuole ascoltare e soddisfare, il più delle volte soli e non adeguatamente considerati. Eppure attivi, entusiasti, nonostante tutto
Si assiste, per tornare alle parole di MJ, alla paradossale situazione nella quale persone o enti dallo straordinario potenziale, pronti a tutto pur di aiutare il prossimo, si scontrano con un sistema di limiti e ostacoli così tangibili e reali da impedirne la crescita.
Secondo una logica inversa a quella descritta da MJ, c’è la voglia di fare grandi cose, di superare i propri limiti, ma il tutto si arena quando si esce dalla propria realtà e dalla percezione di essa e si affronta il mondo esterno. In altri termini, c’è la mentalità ma, spesso, non c’è un sistema che la sappia accogliere e applicare.
Pensiamo alle risorse. Tema delicatissimo.
Molte realtà (mi riferisco in particolare alla situazione italiana) faticano a far quadrare i conti. Si rivolgono alle istituzioni pubbliche ma le procedure di accesso ai fondi farebbero passare la voglia anche al migliore dei filantropi. E quando arrivano, se arrivano, le risorse non sono sufficienti a coprire l’intero arco di vita di un progetto, sono insensibili al possibile fallimento dello stesso, che è spesso una parte del percorso, a volte necessaria per affinare il modello e raggiungere finalmente il risultato.
Altrettanto delicato il tema della formazione. Non esiste un’adeguata professionalizzazione delle figure operanti nel non profit. Manager, notai, avvocati, contabili e fiscalisti, con una specifica preparazione sugli aspetti tecnici che un settore così complesso comporta, latitano.
E poi, diciamolo, manca una vera cultura imprenditoriale nel non profit. Non solo esiste il convincimento diffuso ed errato che non profit equivalga a volontariato, quando significa soltanto mancata distribuzione degli utili che però possono e devono essere prodotti. Non c’è purtroppo, ed è questa la vera sciagura, la cultura del fare impresa per scopi sociali. Fino a quando ci sarà questa lacuna, l’intero sistema del non profit verrà sempre relegato ai margini, guardato con inutile benevolenza e inconfessabile pietà.
Bisogna chiedersi cosa fare per ovviare a questa situazione. Risposte adeguate e innovative potrebbero arrivare dalle fondazioni e dalle aziende profit. Le fondazioni, in particolare, devono avere il ruolo, non solo di soggetti finanziatori, ma anche di sperimentatori di nuovi metodi di intervento.
In ogni organizzazione non profit c’è sicuramente una persona con la mentalità di MJ. Ogni organizzazione non profit può diventare una squadra imbattibile come i Chicago Bulls degli anni ‘90. Bisogna metterla nella condizione di agire. La vera sfida del futuro, oltre alla lotta contro il cambiamento climatico, è proprio questa.