Le mani “libere” di Erdogan

Di Andrea Tucci,

Visto da lontano, il governo di Ankara non sembra molto scosso dalle proteste scoppiate in seguito all'arresto del sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu il 19 marzo, e di fronte al governo autocratico e autoritario di questo Paese neanche le potenze occidentali sono sembrate perturbate.

Mentre le principali città turche hanno assistito alle più grandi proteste degli ultimi dieci anni, il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan ha incontrato martedì a Washington il suo omologo statunitense Marco Rubio e ha discusso delle relazioni bilaterali nel campo della difesa. Dopo aver respinto le poche "preoccupazioni" sull'arresto di oltre 1,500 dimostranti dall'inizio delle proteste, Rubio ha anche elogiato la "leadership" della Turchia nella stabilizzazione della Siria.

La Casa Bianca descrive la detenzione di Imamoglu come una "questione giudiziaria interna". Imamoglu è dietro le sbarre della prigione di Marmara da domenica scorsa con l'accusa di "corruzione" e Donald Trump ha definito il suo omologo un "buon leader". 

In realtà Erdogan sta beneficiando di un contesto internazionale particolarmente favorevole, e con Trump tornato alla Casa Bianca, le mani di Erdogan sono totalmente libere. Infatti può gestire gli affari politici interni come un autocrate pensando al ritiro delle truppe statunitensi, presenti nel nord della Siria a fianco delle Forze Democratiche Siriane (SDF). 

Ankara sperava da tempo in questo ritiro, per mantenere la possibilità di un'incursione ai suoi confini, qualora l'integrazione delle forze curde nell'esercito regolare, voluta dalle nuove autorità di Damasco, non soddisfacesse le sue aspettative.

Di sicuro le ambizioni di Erdogan non rischiano di essere bloccate dai Paesi europei che cercano di rafforzare la propria difesa contro la Russia di fronte a un'amministrazione statunitense intenzionata a disimpegnarsi dal Vecchio Continente e dove il noto pragmatismo del presidente turco lo rende anche un negoziatore chiave sulla questione russo-ucraina, avendo mantenuto buoni rapporti con entrambe le parti.

In un momento in cui la fiducia nelle garanzie di sicurezza degli Stati Uniti sta diminuendo, la Turchia, grazie alla sua posizione strategica e alle sue forti capacità militari, può svolgere un ruolo importante per la sicurezza europea.

Infatti, vale la pena sottolineare che l'industria delle armi ha vissuto un boom impressionante sotto l'impulso di Erdogan e la Turchia si è classificata al 9° posto nel mondo in termini di potenza militare.

Inoltre, l’UE ha sempre dato priorità al controllo delle migrazioni rispetto alla governance democratica in Turchia e finché questa svolgerà un ruolo cruciale nella gestione dei rifugiati siriani (circa 3 milioni), i leader europei sembrano disposti a ignorare il suo rapido “arretramento democratico”. 

In realtà le forze di mobilitazione dell'opposizione non sono in una buona posizione. Il terzo partito più grande del paese, il Partito per l'uguaglianza e la democrazia dei popoli (Partito DEM), che raccoglie la maggioranza dei curdi (La popolazione curda in Turchia è stimata tra i 15 e i 20 milioni di persone, ovvero circa 18-20% della popolazione totale del Paese) mostra scarso entusiasmo nel sostenere le proteste di piazza.

Al momento la mobilitazione è superiore alle aspettative di Erdogan, ma le proteste sono per lo più limitate alle organizzazioni di estrema sinistra e agli studenti universitari, entrambi altamente vulnerabili alla repressione.

Erdogan sta ora cercando di controllare la narrazione, poiché i canali di informazione nazionali si astengono dal trasmettere i muri di sbarramento creati nelle strade di Istanbul, così come i dimostranti prelevati dalle loro case nelle prime ore del mattino prima di scomparire nei camion della polizia.

Secondo alcune fonti, il capo dell' “’Autorità di regolamentazione della radio e della televisione (RTÜK), ha chiamato i canali uno per uno, ordinando loro di interrompere la trasmissione in diretta delle manifestazioni, altrimenti sarebbero stati sanzionati.

Si può scommettere che se il movimento di protesta dovesse intensificarsi, l'impero mediatico fedele al governante turco demonizzerà il partito di opposizione, incolpandolo della sicurezza e del caos economico del Paese.

La pressione economica potrebbe rappresentare una seria sfida per Erdogan, ma finora è riuscito a stabilizzare le fluttuazioni senza grandi ricadute politiche. 

Già appesantita da una crisi economica senza precedenti, la valuta turca è crollata all'inizio delle proteste, raggiungendo un minimo storico e costringendo la banca centrale a intervenire, ma il governo sembra aver preparato un fondo per questo, infatti le riserve della banca centrale sono state aumentate di recente per stabilizzare la valuta.

Come abbiamo potuto apprendere, esiste un piano per istituire una forza di difesa europea indipendente che non dipenderà dagli Stati Uniti, con la Turchia come partner principale. Ma la violazione dei valori democratici è una delle cause principali che impediscono alla Turchia di entrare nell'Unione Europea. Come l'UE ha dimostrato in passato, quando ha firmato con la Turchia il suo accordo sui rifugiati nel 2016, quei valori sono "flessibili".

Di recente la commissione di Trump ha affermato: "La Turchia è una delle civiltà più antiche e si batte per la pace, la prosperità e un piano di sicurezza".

Nel frattempo in Turchia circa 2.000 persone sono state messe in prigione e molti giornalisti sono stati minacciati o arrestati. Benvenute Pace e Civiltà.

Prima pagina